Dato il periodo dell’anno e l’avvicinarsi delle occasioni di festa, colgo l’occasione per dedicare l’attenzione nel mio articolo di oggi a un problema diffuso tra le donne, la cui causa principale risiede nell’utilizzo costante e ripetuto di calzature con tacco alto: la metatarsalgia.
Che cos’è la Metatarsalgia?
Si tratta di una manifestazione dolorosa che interessa i metatarsi (o uno di essi) e che può essere sia di origine meccanica che conseguenza di un’altra patologia, come l’artrite reumatoide, il diabete o la compressione dei nervi (come nel caso del Neuroma di Morton).
Quali sono le cause principali?
Nei soggetti sedentari si presenta proprio in seguito alla scarsa attività fisica e al conseguente sovrappeso, che porteranno ad un sovraccarico a livello dell’avampiede; mentre per i soggetti più sportivi la causa principale sarà da identificare nello stress da eccessivo allenamento e quindi al possibile accumulo di microtraumi.
Detto ciò, anche indossare calzature non adeguate e, in particolare, i tacchi alti, è da considerare come principale causa dello sviluppo di questa patologia.
Come affrontare la patologia?
Per poter curare nel modo appropriato la metatarsalgia è necessario, come in ogni cosa, andare alla sorgente del problema e scoprire quali sono le cause scatenanti: spesso alla base vi è un’alterazione anatomica, come l’alluce valgo o l'alluce rigido, che porta il metatarso a non svolgere il proprio compito nella fase propulsiva del passo, con conseguente sovraccarico dei metatarsi più piccoli non abituati a sostenere tale carico. In seguito alla stessa tipologia di dolore, spesso viene confusa con il Neuroma di Morton, che in realtà non è altro che la conseguenza di una prolungata metatarsalgia: uno stimolo irritativo cronico di natura meccanica causa l’aumento di un nervo sensitivo interdigitale, normalmente quello passante per il terzo spazio intermetatarsale.
Gli esami che vengono prescritti, come ecografia e RMN, sono molto sensibili ma poco specifici: per questo spesso si verifica una sovra-diagnosticazione di questa patologia, senza verificarne il reale problema alla radice. Le radiografie eseguite in carico restano gli esami di primo livello più utili da richiedere al paziente, per poter valutare poi attentamente l’anatomia e la biomeccanica del piede.
Ma i tacchi a spillo fanno “male”?
Da un recente studio eseguito su 40 donne che indossavano almeno tre volte a settimana calzature dai 10 cm in sù, è emerso che i tacchi alti possono in un primo periodo rinforzare i muscoli della caviglia, ma l’uso prolungato porta quasi sempre ad uno squilibrio muscolare, fattore predittivo cruciale di infortunio della caviglia. I ricercatori della Stanford University sul Journal of Orthopaedic Research affermano che camminare con i tacchi alti può alterare l’andatura in una maniera simile a quella riscontrata nelle persone affette da artrite: scoperta che rivela il motivo per cui quest’ultima risulta più frequente nelle donne rispetto che negli uomini.
Questo non significa che dobbiate indossare le pantofole anche alle vostre serate speciali! Il buon senso fa sempre da padrone come in ogni cosa: il consiglio è quello di non utilizzare esclusivamente scarpe con tacco alto, ma anzi alternarle e favorire quelle più basse e comode per evitare così dolori e possibili danni che con il tempo possono diventare cronici.
Mi chiamo Roberto Camisassa, sono Medico Chirurgo, specialista in Ortopedia e Traumatologia. Mi dedico principalmente alle patologie a carico del Piede e della Caviglia ed opero presso la Clinica La Vialarda di Biella, la Clinica Eporediese di Ivrea e l'Istituto Clinico Valle D'Aosta a Saint-Pierre.
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