Non va confuso con l’alluce valgo, anche se si tratta di due problematiche molto diffuse e delle quali si parla frequentemente: spesso le informazioni sono fuorvianti, soprattutto se si tratta il tema dell'intervento chirurgico.
Queste patologie si possono anche presentare associate a deformità di altre dita e con atteggiamenti scorretti del retropiede, spesso pre-esistenti magari già dall’infanzia, ma sottovalutati.
L’articolazione metatarso-falangea dell’alluce, può andare incontro a fenomeni degenerativi simili a quelli delle articolazioni più “famose” per questo genere di problema (anca e ginocchio) e sviluppare quella che, a tutti gli effetti, è un’artrosi.
Come tutte le artrosi, rappresenta il normale invecchiamento dell’articolazione, riconosce un lungo periodo di peggioramento, spesso silenzioso in termini di dolore, ma che di colpo, anche in seguito all’utilizzo di una scarpa nuova, di una lunga passeggiata o di un piccolo trauma riemerge con vigore.
Spesso ci si rende conto della gravità del problema e ci si rivolge all’ortopedico quando ormai è troppo tardi ed il processo degenerativo è già in uno stadio molto avanzato. Se però si ascoltano i primi campanelli d’allarme e ci si reca immediatamente da uno specialista si può rallentare il fisiologico peggioramento della patologia, adottando le strategie più consone al caso, come plantari su misura, terapie infiltrative ed esercizi specifici eseguiti con il terapista.
Quali sono le cause e come riconoscere i sintomi?
Le cause dell’alluce rigido sono molteplici e possono essere ricondotte a malattie sistematiche metaboliche (gotta), a patologie infiammatorie ed autoimmunitarie (artrite reumatoide), come anche a problematiche post-traumatiche con lesioni articolari o micro traumatiche in caso di particolari attività svolte dal paziente (calcio, danza classica, arrampicata,…).
Nel momento in cui si nota dolore nel fare sport o anche semplicemente camminando è possibile che la causa sia proprio l’alluce rigido: la ridotta mobilità dell’alluce in estensione impedisce infatti il naturale movimento di appoggio e stacco del piede, causando fastidio.
Le donne, per esempio, notano difficoltà nel portare i tacchi anche se molto bassi, e questo inconveniente spesso le spinge a spostare il peso del corpo sul margine esterno del piede, con frequente comparsa di tendinite dei peronei o borsette e arrossamento del quinto metatarso.
Come affrontare il problema?
La diagnosi dell’alluce rigido dev’essere assolutamente eseguita da uno specialista, che sarà in grado di distinguere questa patologia da un semplice alluce valgo e prescrivere gli esami diagnostici più adatti al caso.
Esistono trattamenti conservativi che però sono scarsamente efficaci e non portano a soluzioni definitive, invece ottenibili con un intervento chirurgico.
Per l'alluce rigido vi sono diversi approcci in base alla gravità del problema, all'età del paziente e alle sue aspettative in termini di recupero e di durata nel tempo del trattamento proposto.
Anche il dolore è un fattore molto importante: esistono infatti casi in cui la gravità dell’artrosi non è collegata ad un’altrettanto grave sintomatologia dolorosa. In caso contrario, la procedura adottata sarà quella di provvedere ad una sostanziale riduzione del fastidio nel paziente, attraverso l’utilizzo di plantari su misura.
Nel momento in cui questi presidi non dovessero più essere sufficienti, sarà necessario optare per un trattamento chirurgico, che preveda la ricostruzione articolare completa della metatarso-falangea, mediante una vera e propria sostituzione articolare (artroplastica).
L’obiettivo sarà quello di creare una nuova “cerniera” indolore dell’alluce, asportando la cartilagine degenerata e sostituendola con uno snodo in silicone.
La fase post-operatoria
Dopo l’intervento è strettamente fondamentale una breve fase di riposo a letto e con una corretta copertura farmacologica per il dolore.
Dopo la prima settimana viene eseguita la prima medicazione, lasciando il piede libero da garze e bende.
Il consiglio è quello di intraprendere da subito un percorso riabilitativo, fatto di terapie manuali, fisiche locali e rieducative, con l'obiettivo di riprendere possesso del piede nel più breve tempo e nel modo migliore possibile. La ripresa del carico è compatibile al dolore. Ci sono pazienti che dopo solo due settimane abbandonano la scarpa post-operatoria, altre che ci mettono qualche settimana in più.
Conclusioni
Decidere di sottoporsi ad un intervento chirurgico non è mai una scelta facile. Ricordate che anche se il vostro ortopedico è propenso all’operazione, è a voi che spetta la decisione finale. Resta comunque compito dello specialista diagnosticare correttamente la patologia, presentare una panoramica completa e fornire più elementi possibili per una decisione consapevole, consigliando in modo sincero, obiettivo e soprattutto professionale, tenendo in considerazione che, anche in caso di operazione, l’articolazione non tornerà alla normale condizione di partenza, ma potrà comunque giovare di grandi benefici, come la riduzione pressoché totale della sintomatologia dolorosa.
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Mi chiamo Roberto Camisassa, sono un Medico Chirurgo, specialista in Ortopedia e Traumatologia. Mi dedico principalmente alle patologie a carico del Piede e della Caviglia ed opero presso la Clinica La Vialarda di Biella, la Clinica Eporediese di Ivrea e l'Istituto Clinico Valle D'Aosta a Saint-Pierre.
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